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Tra maschere e traumi

Nel panorama della musica contemporanea italiana, si affaccia con forza un brano che fonde l’eleganza del jazz-pop, l’energia del Latin swing e una sorprendente vena satirica e poetica. La canzone, sospesa tra pianoforte danzante, sax giocoso e una produzione moderna, è un manifesto musicale che riflette sul trauma, sull’illusione dell’ego e sul prezzo emotivo della nostra società anestetizzata.

Un sound che gioca tra leggerezza e profondità

Il brano si muove con disinvoltura su una base allegra e coinvolgente, dove il ritmo latino si intreccia con strutture jazzate e frasi melodiche pop, creando un’atmosfera vivace e ballabile. Ma è proprio questa apparente leggerezza che contrasta con la profondità del testo: un’operazione artistica volutamente ambigua, che richiama il miglior teatro satirico e la tradizione cantautorale italiana più impegnata.

Il sax, vero protagonista insieme al pianoforte, non è solo un ornamento: diventa voce narrante, un commento ironico tra le strofe, uno specchio della coscienza che “gioca”, mentre la realtà si svela.

Le maschere dell’ego e il trauma come apertura

Il ritornello recita:

“Un trauma può permetterci di percepire ciò che gli altri non possono vedere,
tra le altre cose che tutto è invertito,
in una riflessione speculare,
in un’illusione, un miraggio…”

Queste parole, dense e quasi filosofiche, ci parlano di come il trauma – spesso visto come una ferita – possa invece aprire fessure nelle nostre “maschere egotiche”, lasciando passare la luce della coscienza. L’ego diventa qui il nemico silenzioso, la corazza dell’illusione che ci tiene distanti dagli altri e dalla nostra stessa umanità.

Il testo è ricco di immagini forti e provocatorie: dalla critica alla società che nasconde le emozioni dietro occhiali anti-emozione e “prodotti anestetici”, fino al j’accuse verso un mondo che ignora la madre interiore, simbolo delle emozioni autentiche e dell’altruismo.

Una critica sociale con toni teatrali

L’uso del linguaggio teatrale e visionario, quasi dantesco in certi momenti (“il palazzo delle illusioni”, “società di idioti egoistici”), fa di questa canzone un piccolo monologo interiore, una mascherata jazz dove tutti sembrano recitare, ma nessuno ricorda più la trama.

“La maschera dell’ego è senza rispetto per la madre,
perché coloro che la indossano non rispettano più la madre in loro…”

Qui si toccano corde profonde: l’ecologia del cuore, la memoria ancestrale, la perdita del senso in una società distratta e narcisistica.

Un’identità musicale coraggiosa

Con questo brano, si inserisce tra le realtà musicali italiane che cercano di unire intrattenimento e pensiero critico, dimostrando che si può parlare di temi complessi – trauma, ego, società – anche con ironia musicale, groove accattivanti e suoni danzerecci.

Una sfida vinta, che si ascolta con un sorriso e si lascia sedimentare con un pensiero.

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