“Make Great AmericaRian Again”: ironia jazz-pop sulla follia diplomatica a stelle e strisce
Nel panorama della musica italiana contemporanea, raramente si incontrano brani che fondono la brillantezza del jazz pop con una satira politica tagliente. “Make Great AmericaRian Again” è uno di questi rari esempi: un pezzo musicale che fa sorridere, riflettere e persino ballare.
Con un sound che mescola jazz pop italiano, un pianoforte vivace, ritmi latini, un sassofono giocoso e un gusto swing moderno, la canzone è una bomba (è proprio il caso di dirlo) di energia ironica, costruita attorno a un paradosso diplomatico che ha dell’assurdo.
Il contesto satirico
Il titolo stesso, Make Great AmericaRian Again, gioca sul celebre slogan trumpiano “Make America Great Again”, ma lo storpia in AmericaRian, fondendo “America” e “Iran” in un neologismo grottesco quanto emblematico. Il riferimento è chiaro: un’ipotetica e assurda iniziativa diplomatica dell’ex presidente Donald Trump, che dopo aver coniato lo slogan “Make Great Iran Again”, decide di bombardare preventivamente alcuni siti nucleari iraniani… per poi dichiarare, con apparente candore: “Adesso possiamo fare la pace”.
È questa la scintilla che accende la canzone: la follia della diplomazia muscolare, raccontata con il tono scanzonato e teatrale che solo la musica italiana sa dare.
Analisi del testo
Il testo alterna versi cantati in italiano e una sezione rap in inglese, a sottolineare l’internazionalità del tema e la presa di posizione critica.
[Verse 1] mette subito in luce l’ipocrisia:
“C’è un uomo che parla / Di pace e grandezza / Ma che cosa fa? / Bombe come carezze”
Qui la metafora è tagliente: le bombe usate come strumento “affettuoso” per instaurare la pace. Un’assurdità che il brano denuncia con ironia swingata.
Il ritornello, accattivante e martellante, diventa quasi un inno grottesco:
“Make great AmericaRian again / Dici pace ma fai la guerra, eh”
Un gancio melodico che resta in testa, ma che porta con sé un contenuto politico esplosivo.
Il rap, nel bridge centrale, è un climax di critica feroce:
“Your Twitter fingers and your trigger fingers work the same / Playing chess with human lives in your diplomatic game”
Una denuncia dura e lucida, travestita da jam session.
Il suono della follia
Musicalmente, il brano è un piccolo gioiello. La base swingata, con accenti latini e fraseggi di sax brillanti, trasporta l’ascoltatore in un’atmosfera spensierata che contrasta con la gravità del messaggio. Questo contrasto è il cuore del progetto: far ballare mentre si riflette sull’assurdo del potere e delle scelte militari camuffate da diplomazia.
Il pianoforte guida la melodia con un ritmo incalzante, mentre il sax si diverte a sottolineare le battute più ironiche del testo. È un “cabaret politico” travestito da canzone estiva.
Una tradizione di satira musicale
Make Great AmericaRian Again si inserisce perfettamente nella tradizione italiana della canzone ironica e impegnata — da Enzo Jannacci a Giorgio Gaber, fino ai più recenti Elio e le Storie Tese. Ma lo fa con uno stile moderno, internazionale, capace di parlare a un pubblico globale, anche grazie alla scelta di includere l’inglese nel testo.
Conclusione
In un’epoca in cui la geopolitica sembra una commedia dell’assurdo, Make Great AmericaRian Again è la colonna sonora perfetta: grottesca, orecchiabile, intelligente. Fa ridere, pensare e canticchiare.
Un piccolo manifesto swing contro l’assurdità del potere.
AmericaRian swing… follia umana.